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Collezione Palazzi Papali - Primo piano - Stanze delle Meraviglie

Nelle Sale del primo piano dei Palazzi Papali sono esposte in progressione cronologica una selezione di sculture, dipinti e manufatti delle varie arti decorative che vanno dal Duecento alla prima metà del Seicento. Si tratta di opere di grande valore che testimoniano, per la città di Orvieto, una dimensione storica di centro artistico e culturale di primo piano. Dal magnifico gruppo scultoreo della Madonna con il Bambino e sei angeli reggicortina, la cosiddetta Maestà, alla Madonna in trono con Bambino attribuita al pittore fiorentino Coppo di Marcovaldo, a due Polittici di Simone Martini, all'importante serie dei dipinti manieristi dovuti a grandi protagonisti dell'arte della Controriforma: Nicolò Circignani detto il Pomarancio, Girolamo Muziano e Cesare Nebbia.

Ingresso

 

Scultore umbro-senese e ‘Maestro Sottile' (Lorenzo Maitani?)

 

Madonna con il bambino e sei angeli reggicortina

Madonna con il Bambino e sei angeli reggicortina
Primo decennio del Trecento (la Madonna), 1325 (gli angeli e il baldacchino)
Marmo, bronzo, policromia, oro e paste vitree

Provenienza: Orvieto, duomo, lunetta del portale centrale

L'avambraccio destro della Madonna e le due braccia del Bambino sono di restauro. Il bronzo degli angeli è danneggiato in più punti, particolarmente nelle ali. Ampie tracce di decorazione policroma e di doratura rimangono sulla Vergine e sugli angeli. I suppedanei di questi ultimi erano appoggiati su due capitelli marmorei; il baldacchino poggiava su una base lapidea interamente decorata con paste vitree incastonate. Lo splendido gruppo fu pensato, seppur con alcune differenze, fin dai tempi del primo progetto per la facciata del duomo. Sia la parte in marmo che quella in bronzo sono di sublime qualità, ma diverse per stile e cronologia. La Madonna sembrerebbe da datare all'esordio del secolo XIV e solo qualche tempo dopo, forse anche per le difficoltà tecniche che simile impresa implicava, venne completata dal baldacchino e dai sei angeli in bronzo, eseguiti nel 1325. Almeno due degli angeli vennero decorati nel 1330.

 

Maestro dei Corali di san Lorenzo


Antifonario

prima metà del XIV secolo
membranaceo in littera textualis, rilegato in tavole coperte di cuoio
h.cm. 51 x l.cm 36 x p.cm. 15,5
foglio cm.52 x 39

In discreto stato di conservazione, l'opera è assegnabile a uno dei massimi interpreti della miniatura perugina del Trecento, indicato convenzionalmente come Maestro dei corali di San Lorenzo.
Artista di complessa e raffinata cultura, l'anonimo fu in grado di conciliare componenti culturali di ascendenza transalpina, avvertibili in modo particolare nel modi di trattare i fondali delle sue immagini, con le componenti tradizionali della miniatura perugina fra tardo Duecento e i primi del XIV secolo.
Forti legami mostra il miniatore con l'autore delle sculture dei pilastri del Duomo di Orvieto: in quest'opera sono particolarmente strette le affinità con i rilievi dei piloni interni della facciata mentre nelle miniature successiva, quelle realizzate per il Duomo di Perugia i legami si fanno evidenti con i rilievi del maestro Sottile, elemento questo che farebbe suppore che l'Antifonario orvietano sia l'opera più antica realizzata dal grande anonimo.

 


 

 Ugolino di Vieri e Viva di Lando

 

Reliquiario del cranio di san Savino
1340-45
Rame fuso, sbalzato, cesellato, bulinato, dorato; smalti traslucidi su argento; h cm. 105 compreso l'angelo
Iscrizioni (sotto la Madonna con il Bambino): UGHOLINUS ET VIVA D[E] SENIS FECIERU[N]T ISTUM TABERNACULU[M]
Provenienza: Orvieto, chiesa di San Giovenale
Presso l'Opera dal 1845

L'eccezionale reliquiario venne venduto all'Opera nel 1845 dal parroco della chiesa di San Giovenale; rimane però aperta la questione se esso sia stato realizzato per quella chiesa o vi sia pervenuto in epoca posteriore. La struttura dell'opera - una microarchitettura a pianta esagonale - si discosta marcatamente dal tipo del busto reliquiario solitamente prescelto nel Trecento italiano per accogliere il cranio dei santi vescovi. S. Savino compare all'interno della camera del secondo livello e sei storie della sua vita sono raffigurate in smalto traslucido sulla base. L'angelo posto sulla sommità fu aggiunto tra 1855 e 1896 sostituendo una figura precedente, forse un Redentore. Ugolino di Vieri, uno dei due orafi senesi che firmarono l'opera, realizzò per Orvieto anche il celebre reliquiario del Corporale che si conserva nella cattedrale, datato 1338 e firmato insieme a dei non meglio specificati ‘soci'.

 

 

Lippo Vanni (?)

 

Madonna con il Bambino tra i santi Agnese, Paolo, Pietro e Lucia
Metà del secolo XIV
Tempera e oro su tavola; cm. 30,5 x 21,5
Provenienza: Orvieto, chiesa di San Francesco

La tavoletta è stata resecata nella parte superiore ed è pesantemente rovinata lungo i margini dall'attacco degli insetti xilofagi. La pittura, dove rimasta, è al contrario in buone condizioni. Il piccolo dipinto presenta chiari rimandi alle due maggiori correnti dell'arte senese della prima metà del secolo: se le due sante discendono da esempi lorenzettiani, in particolare da Ambrogio, rimandano invece all'ambiente martiniano le lumeggiature a sgraffito, le lacche trasparenti, i damaschi a bulino e i punzoni.

Sala 1

 

Artista romano (?)

 

Due apostoli
Circa 1275-1285
Affresco staccato; cm. 80x82
Provenienza: Orvieto (dintorni), abbazia dei Santi Severo e Martirio

 

 

Arnolfo di Cambio e bottega

 

Coppia di angeli turiferari
Circa 1282
Marmo; h cm. 58
Provenienza: Orvieto, San Domenico, tomba del cardinale de Braye (?)
Nel museo dell'Opera del Duomo dal 1913

Le due statue sono entrambe acefale; quella di destra manca del piede sinistro e quella di sinistra ha il piede destro parzialmente danneggiato. L'identificazione come angeli è suggerita dalla presenza di una coppia di fori quadrangolari sulle spalle che non sembrano spiegabili altrimenti che come funzionali all'ancoraggio di una coppia d'ali, forse in metallo. Le parti tergali semplicemente sbozzate dimostrano che furono concepiti per una visione solo frontale. L'impostazione leggermente ruotata e convergente, nonché l'orientamento dei gesti, suggeriscono che gli angeli rivolgessero la loro azione verso un fulcro centrale. Lo stile è coerente con i marmi della tomba de Braye, tuttavia la collocazione all'interno di quel complesso si presenta problematica e non è ancora stata avanzata una proposta di ricostruzione pienamente convincente. Potevano forse essere posti in alto, all'esterno della struttura architettonica che racchiudeva il complesso e che si è purtroppo salvata solo nella parte inferiore.
Già identificati con i santi Severo e Martirio, titolari dell'abbazia, le due figure rappresentano due apostoli, di cui quello a destra deve essere identificato con Paolo. Entrambi volti a destra, facevano parte di un dipinto parietale più ampio con il Salvatore al centro affiancato dagli apostoli. Lo stile è affine alla produzione romana su muro tra gli anni '60 e gli anni '90 del Duecento. Di ascendenza tardoantica la monumentalità del panneggio pesante e delle fisionomie.

 

 

Seguace di Nicola Pisano

 

Madonna con il Bambino
Circa 1270
Marmo; h cm. 58

Lo stato di conservazione è in generale discreto, con perdite più gravi per la figura del Bambino. Rimangono varie tracce di policromia. La scultura è di alta qualità, notevole per monumentalità nonostante le ridotte dimensioni. È assegnabile ad uno scultore vicino a Nicola Pisano in passato identificato con Lapo, uno degli aiuti del maestro nel cantiere del pulpito di Siena.

 

Scultore senese 

 

Madonna in trono con il Bambino
Circa 1300
Legno di pero con tracce di policromia; h cm. 70
Provenienza: Orvieto (dintorni), chiesa dell'abbazia dei Santi Severo e Martirio

L'attacco degli insetti xilofagi ha provocato numerosi danni, tra i quali la perdita dell'avambraccio destro. Pochissime tracce rimangono della policromia primitiva. Era probabilmente in origine posta entro un tabernacolo a sportelli o sotto ad un baldacchino. Il Bambino tiene in mano un pettirosso - allusione alla futura Passione - ed è colto in atteggiamento ‘marciante', secondo un modello francese. L'acceso dibattito intorno a questa statua di qualità molto alta ha proposto di riferirla alternativamente ad alcuni degli artefici attivi nel cantiere del duomo, in particolare i senesi Ramo di Paganello e Nicola di Nuto. Tramontata per ragioni stilistiche la candidatura di quest'ultimo, il nome del primo sembra legata soprattutto alla possibilità che egli sia l'esecutore del primo disegno per la facciata del duomo, nel cui portale principale compare una figura assai simile alla nostra. È stata anche avanzata la proposta che l'autore sia un artista umbro.

 

 

Bottega di Andrea Pisano (?)

 

Incoronazione della Vergine
1347-1348 (?)
Marmo; h cm. 34
Provenienza: Orvieto, cantiere del duomo

 

 

Nino Pisano

 

Fortitudo (statua non finita)
1349
Marmo; h cm. 52
Provenienza: Orvieto, cantiere del duomo (?)

 

Terzo maestro di Orvieto

 

Madonna in trono con il Bambino
Primo ventennio del XIV secolo
Marmo; h cm. 59

 

 

Scultore senese 

Madonna con il Bambino

1330 circa
Marmo; h cm. 57

 

 

Andrea e Nino Pisano

 

Madonna con il Bambino e due angeli
1346-1347
Marmo; h cm. 86 (la Madonna), cm. 48 e cm. 52 (gli angeli )
Provenienza: Orvieto, duomo

A differenza della Madonna, in ottimo stato conservativo, i due angeli hanno perso la testa ed entrambi gli avambracci. Le due figure tenevano nelle mani un candelabro o un vaso di fiori; inoltre, presentano nella parte tergale due fessure all'altezza delle spalle, che dovevano servire per l'innesto delle ali, forse metalliche. Le statue conservano tracce di decorazioni dorate sulle vesti e di colore azzurro nel risvolto interno dei manti. Il gruppo è stato collegato al periodo in cui Andrea Pisano fu capomastro del cantiere del duomo, tra il maggio 1347 e l'aprile 1348. Vista l'ottima conservazione della superficie è assai probabile che i marmi non siano mai stati collocati all'esterno. L'ipotesi più verosimile è che fossero destinati a un altare del duomo. Alla mano di Andrea sono da attribuire la Madonna e l'angelo di sinistra, a Nino l'altro angelo.

 

 

Maestro orvietano

 

Cristo in trono benedicente
Circa 1330
Legno di pero, policromia; h cm. 192
Provenienza: Orvieto, Congregazione di Carità

 

 

Scultore della Francia del nord 

 

Madonna in piedi con Bambino (perduto)
Fine del XIII secolo
Legno di pero; h cm. 70
Provenienza: Orvieto, chiesa di Santa Lucia

 

 

Scultore francese o lotaringio

 

Madonna con il Bambino
1330/1340
Legno; h cm. 154
Provenienza: Orvieto, chiesa di San Giovanni


 

Nino e Tommaso Pisano

 

Cristo eucaristico e due angeli
1347-1348
Marmo; cm. 75 (il Cristo), cm. 59 (i due angeli)
Provenienza: Orvieto, duomo

Nel complesso le tre statue sono in ottimo stato di conservazione, pur presentando danni. All'angelo di sinistra sono stati riattaccati testa e collo. Le ali di entrambi gli angeli sono state aggiunte nel 1890, in occasione della collocazione del gruppo sulla lunetta della Porta del Corporale, dov'è rimasto fino al 1985. L'iconografia del Cristo eucaristico, sottolineata dall'ostia che egli verosimilmente teneva tra le dita della mano destra, è da mettere in relazione con la reliquia del Corporale. Le statue furono probabilmente scolpite per un altare del duomo nel biennio durante il quale Andrea Pisano diresse il cantiere orvietano. Il Cristo è attribuibile a Nino Pisano, i due angeli a Tommaso.

 

Coppo di Marcovaldo (?)

 

Madonna in trono con il Bambino e due angeli
1265-1270
Tempera su tavola con ridipinture ad olio; cm. 222 x 134
Provenienza: Orvieto, chiesa di Santa Maria dei Servi

La grande tavola è stata decurtata lungo il lato inferiore ed in parte ridipinta. La tradizionale attribuzione al fiorentino Coppo di Marcovaldo, pur non condivisa da tutti gli studiosi, si basa sulle forti analogie formali e iconografiche con la Madonna del Bordone, dipinta da Coppo per i Servi di Siena nel 1261. La storia dell'insediamento servita orvietano orienta verso una datazione tra il 1265 e il 1270. L'ancona senese e quella orvietana testimoniano come, in un momento di forte espansione dell'Ordine, i Servi di Maria abbiano puntato su immagini di grande formato per la promozione del culto della Vergine.

 

Pittore orvietano influenzato da Simeone e Machilone 

Crocifisso Sagomato
terzo quarto del XIII secolo
Tempera su tavola; cm.170 x 138
Provenienza: Orvieto, monastero di San Ludovico

 

Simeone e Machilone (?)

Madonna in trono con Bambino
metà del XIII secolo
Tempera su tavola; cm.75 x 50
Provenienza: Orvieto, Confraternita del Carmine

Si tratta di uno dei dipinti su tavola più antichi conservati in Orvieto.
Nel complesso è ben conservato, ad eccezione della parte inferiore che presenta diffuse cadute della pellicola pittorica.
Opera di raffinata cultura bizantineggiante, conserva anche i due bellissimi dischi blu che ne impreziosiscono la fattura.
Vanta una tradizionale attribuzione ai pittori spoletini Simeone e Machilone, attivi tra Umbria e Marche intorno alla metà del XIII secolo.

Sala 2

Maestri ebanisti senesi

Leggio e frammenti del coro del duomo
Circa 1330 - circa 1370
Legno intagliato e intarsiato
Provenienza: Orvieto, duomo, tribuna

Il coro del duomo di Orvieto è un esempio unico per antichità e complessità di coro ligneo a tarsie figurate. La sua esecuzione si protrasse per circa un quarantennio a partire dal 1330, ma i documenti parlano di numerosi lavori e aggiunte nel corso del XV secolo. In origine era collocato in posizione molto più avanzata, nella prima campata della navata maggiore. Fu retrocesso nella tribuna solo nel 1537 per volere di papa Paolo III. Nel 1859 fu avviata una massiccia campagna di restauro: molte parti furono sostituite da copie e gli originali vennero portati nel Museo dell'Opera. Lo spostamento cinquecentesco e le manomissioni occorse nel corso dei secoli hanno modificato pesantemente l'aspetto del coro lasciando ancora irrisolte molte questioni riguardo alla struttura originaria.
Fu eseguito da un gruppo di maestri legnaioli senesi e probabilmente concepito nel periodo durante il quale Lorenzo Maitani guidò il cantiere del duomo (1310-1330). Più problematico individuare l'identità dell'ideatore e se egli coincida con l'esecutore dei cartoni per realizzare le figure a intarsio: tra i possibili candidati lo stesso Maitani, Giovanni Ammannati e Nicola di Nuto.
Tra le parti più spettacolari, la grandiosa ghimberga con l'Incoronazione della Vergine - probabilmente realizzata nel terzo quarto del XIV secolo - e il leggio sulla base del quale sono raffigurati i dodici Apostoli. Lo stile di questi ultimi sembrerebbe suggerire la presenza di mani diverse. Il leggio era anche composto da parti intagliate le quali hanno maggiormente sofferto l'attacco del tempo e degli insetti xilofagi.
Negli stalli furono realizzati a intaglio i pannelli a motivi vegetali degli schienali e delle cornici in alto e anche i braccioli. A mezzo taglio sono i busti di santi posti nelle lunette trilobate dell'ordine superiore: questa serie venne eseguita nel corso degli anni ‘30 da Giacomo di Lotto, Nicola di Nuto e Ambrogino di Meo. Molti di loro, pur rimaneggiati dagli interventi di restauro, sono ancora collocati in duomo.

 

 

Simone Martini (Siena circa 1284/1290 - Avignone 1344)

Madonna con Bambino e angeli (scomparto centrale di polittico)
Circa 1322/1324
Tempera, oro e foglia d'argento su tavola; cm. 182,7 x 59,7 (esclusa la cornice del XVII secolo)
Provenienza: Orvieto, chiesa di San Francesco

Lo stato di conservazione è in generale soddisfacente. La tavola è stata ridotta sul margine inferiore e forse anche lungo i lati. Costituiva il centro di un polittico la cui struttura originale è ancora oggetto di discussione tra i critici. Uno degli scomparti laterali è stato concordemente riconosciuto nella Santa Caterina d'Alessandria oggi a Ottawa. Degna di nota la presenza del serafino, del cherubino e dei due troni, che compongono la triade maggiore delle nove schiere angeliche. Non è stata sufficientemente sottolineata in passato l'alta qualità di questo dipinto destinato alla chiesa di San Francesco ed eseguito da Simone Martini e dai suoi collaboratori nella prima metà degli anni '20 del Trecento, periodo durante il quale il pittore licenziò ben tre polittici per altrettante chiese orvietane.

 

Spinello Aretino (1346-1410)

Gesù crocifisso tra la Madonna, Maria Maddalena e Giovanni Evangelista
Ultimo decennio del XIV secolo
Tempera e oro su tavola; cm. 80x49
Provenienza: Orvieto, Palazzo Municipale, cappella di Santa Lucia

Lo stato di conservazione non è ottimale, le figure appaiono ripassate già in antico. Mancano le due colonnine tortili interne dell'incorniciatura, che è originale. Sulle basi delle colonnine esterne sono raffigurati entro due stemmi un'aquila e un leone rampante, simboli del Comune orvietano. Degno di nota il fatto che l'iscrizione nella parte bassa, consueta nelle Annunciazioni, sia qui incongruamente utilizzata per una Crocifissione.

 

Terzo maestro di Orvieto

Annunciazione
Primo ventennio del XIV secolo
Legno con tracce di policromia; h cm. 172 l'Angelo, cm. 170 l'Annunciata
Provenienza: Orvieto, duomo, coro (?)


 

Simone Martini (Siena circa 1284/1290 - Avignone 1344)

Madonna con il Bambino e i santi Maria Maddalena, Domenico, Pietro e Paolo
1320-1321
Firmato e datato alla base del pannello centrale (iscrizione danneggiata):
...N DE SENIS ME PINXIT ...D M° CCC XX°...
Tempera, oro e foglia d'argento su tavola; cm. 112x63 la Madonna con il Bambino,
cm. 94x46 Santa Maria Maddalena, cm. 93x48,6 San Domenico, cm. 86x48 San Pietro,
cm. 81x48,5 San Paolo
Provenienza: Orvieto, chiesa di San Domenico

I cinque pannelli sono quanto rimane di un polittico che in origine doveva contarne almeno sette. Gli scomparti laterali sono stati diminuititi nella parte superiore e tutti sono danneggiati lungo il margine inferiore. Ciononostante, la pittura è in buono stato di conservazione. Il committente dell'opera è stato individuato nel vescovo Trasmondo Monaldeschi, raffigurato in ginocchio nella tavola con Santa Maria Maddalena. La frammentarietà dell'iscrizione nel pannello centrale ha generato varie proposte di integrazione per la data: visto lo spazio a disposizione una lettura 1320 o 1321 sembra da prediligere. L'opera rappresenta una forte evoluzione del polittico eseguito poco prima da Simone Martini per i Domenicani di Pisa. Molti hanno ravvisato la collaborazione di Lippo Memmi nell'esecuzione dello straordinario dipinto.

 

 

Pietro di Puccio (attr.)

San Giovanni battista, committente e un profeta(?)
ultimo decennio del XIV secolo.
affresco staccato; cm. 230 x 110

 

Ambito di Pietro di Puccio

San Romualdo
XIV/ XV secolo
affresco staccato; cm.208 x 110
Provenienza: Orvieto, convento di San Domenico

 

Bartolomeo da Miranda

Madonna con Bambino tra i beati Tommaso Corsini e Bonaventura Bonaccorti
metà del XV secolo
Tabernacolo a sportelli
Tempera e oro su tavola: cm. 54 x 47 (centrale); cm. 44 x 23 (laterali)
Provenienza: Orvieto, palazzo Vescovile già nella confraternita di san Michele Arcangelo

 

 

Luca Signorelli

Santa Maria Maddalena
1504
Tempera su tavola; cm. 178x117
Iscrizioni:
- in basso: ·CONSERVAT·PA·PACIS·CONSERVATRICI·EX·SE·CONSVLTO·M·D·IIII·
- sulla cornice superiore, tra le insegne del Comune di Orvieto: ·CECCARELLUS·DE·ADVIDVTIS / ET·RVFINVS·ANTONII·
Provenienza: Orvieto, duomo, cappella della Maddalena nella Cappella Nuova

L'opera fu commissionata poco dopo la promozione della Maddalena a protettrice della città. Alla santa venne dedicato un altare all'interno della Cappella Nuova, di fronte a quello intitolato ai santi Faustino e Pietro Parenzo. Il dipinto venne rimosso nel 1653 in occasione della costruzione di una cantoria. La cappellina della Maddalena fu del tutto rifatta in forma barocca nel 1723-24. Al Louvre si conserva un disegno preparatorio che mostra alcune varianti rispetto alla tavola. La figura è in buona parte autografa, mentre il paesaggio è di qualità molto inferiore e rivela l'esteso intervento della bottega.

 

 

Bottega di Pietro di Nicola da Orvieto 

Madonna con Bambino, Sant'Antonio abate e San Bernardino da Siena
post 1450
affresco staccato; cm. 105 x 200
provenienza: Orvieto, complesso di San Martino ai Servi.

 

Pittore peruginesco

San Pietro e San Paolo
Fine XV - inizio XVI secolo (?)
Tempera su tavola; cm. 125x39 ciascuna

 

Pittore pinturicchiesco

San Nicola
Post 1495
Tempera su tavola; cm. 163x60

 

Manifattura fiorentina (?) 

Pianeta
1460-1480

Velluto rilevato a due altezze (v. alto-basso) e velluto cesellato, ad un corpo, lanciato e bouclè
cm. 83x164; rapporto di disegno: cm. 85x58,4
Stolone e traversa ricamati in oro filato e sete policrome nelle tecniche dell'or nué, punto spaccato, punto raso, punto stuoia
Provenienza: Orvieto, duomo

 

Manifattura fiorentina (?)

Tonacella
1460-1480

Velluto ricamato a due altezze (v. alto-basso) e velluto cesellato, ad un corpo, lanciato e bouclé.
cm. 160x145; rapporto di disegno: cm. 85x58,4
Bruste ricamate in oro filato e sete policrome nelle tecniche dell'or nué, punto spaccato, punto raso, punto stuoia
Provenienza: Orvieto, duomo

La pianeta e la tonacella fanno parte del cosiddetto "parato Vanzi", un insieme composto anche da una dalmatica, due stole e quattro manipoli. La pianeta, la dalmatica e la tonacella vennero indossate dal cardinale Sebastiano Vanzi nel 1563 durante le funzioni del Concilio di Trento, ma risalgono certamente a epoca più antica. La presenza degli stemmi dell'Opera e le immagini dei santi protettori della cattedrale di Orvieto nella pianeta testimoniano che almeno essa venne realizzata appositamente per la cattedrale orvietana. I ricami sono stati realizzati nell'ultimo quarto del XV secolo utilizzando modelli di pittori fiorentini dell'epoca, alternativamente identificati in Bartolomeo di Giovanni, Sandro Botticelli e Luca Signorelli.

 

 

Pittore tizianesco

Venere consegna a Psiche il vaso da riempire agli Inferi
Seconda metà del secolo XVI
Olio su tavola; cm. 98x104
Provenienza: Orvieto, collezione Ronchini (?)

Il quadro corrisponde pressoché perfettamente ad un dipinto attribuito a Padovanino in palazzo Durazzo Pallavicini a Genova. Potrebbe corrispondere a un quadro di Pandora donato da Luigi Ronchini nel 1884.

 

 

Ambito di Cesare Nebbia

Lavanda dei piedi
sec. XVI/XVII
olio su tela; cm.193 x 110
Provenienza: Orvieto - Duomo - parete laterale destra in prossimità della controfacciata
Restauri: Maura Borrelli, 2003

 

Bottega di Ippolito Scalza

Tabernacolo
Inizio del secolo XVII
Legno policromato; h cm. 130
Provenienza: Orvieto (dintorni), chiesa di San Lorenzo in Vineis

Il grande tabernacolo ligneo manca di alcuni elementi. Concepito come un edificio a pianta centrale di gusto tardo-manierista, era destinato alla conservazione delle ostie. Deve essere messo in relazione con il tabernacolo eucaristico, anch'esso ligneo, scolpito da Ippolito Scalza tra 1558 e 1560 su progetto di Raffaello da Montelupo. 

 

Cesare Nebbia (Orvieto circa 1536 - 1614)

Profeti; Sibille; La caduta della manna; Il sacrifico di Abramo; Il figliol prodigo; Abramo e Melchisedec; L'ultima cena
1563-1564
Olio su tela; cm. 22x29, i tre Profeti e le tre Sibille; cm. 46x36, le scene testamentarie
Provenienza: Orvieto, duomo, tabernacolo sacramentale dell'altare maggiore
Presso l'Opera dal 1692

Le undici tele facevano parte del grande tabernacolo sacramentale in legno dorato, disegnato da Raffaello da Montelupo nel febbraio 1558 e scolpito da Ippolito Scalza entro il 1560. Fu tra i primi tabernacoli ad essere realizzato dopo la Riforma tridentina e venne probabilmente preso a modello da Vasari per quello di Santa Croce a Firenze, anch'esso in forma di tempietto. I soggetti alludono ai temi dell'Incarnazione e dell'Eucarestia; tra le figure profetiche l'unica identificabile con certezza è la Sibilla Cumana. Fu il primo lavoro realizzato dall'orvietano Nebbia come pittore indipendente per la cattedrale della sua città. Lo stile mostra l'influenza tanto di Girolamo Muziano - suo maestro - che di Taddeo Zuccari, entrambi già attivi nello stesso cantiere.

 

 

Ambito di Cesare Nebbia

Ultima Cena

sec. XVI/XVII
olio su tela; cm.256 x 153
Provenienza: Orvieto - Duomo - parete laterale destra in prossimità della controfacciata
Restauri: Maura Borrelli, 2003

 

Pittore orvietano (?)

La Madonna benedice Gesù
sec. XVI/XVII
olio su tela; cm. 208 x 118
Provenienza: Orvieto - Duomo - parete laterale destra in prossimità della controfacciata
Restauri: Maura Borrelli, 2003

 

Pittore orvietano (?)

Preghiera nell'Orto degli Ulivi
sec. XVI/XVII
cm. 253 x 152; olio su tela
Provenienza: Orvieto - Duomo - parete laterale destra in prossimità della controfacciata
Restauri: Maura Borrelli, 2003

 

Cesare Nebbia (Orvieto, 1536 circa - 1614)

Gesù invia due Apostoli a Gerusalemme
1611-12
Olio su tela; cm. 242 x 143
Provenienza: Orvieto - Duomo - parete laterale destra in prossimità della controfacciata
Restauri: Maura Borrelli, 2003

Sala 3

 

 

Girolamo Muziano (Brescia, 1532 - Roma, 1582)

Cattura di Cristo
1584
Olio su tela; cm. 386 x 240
Provenienza: Orvieto - Duomo - navata destra - prima cappella - altare dei santi Giuseppe e Brandano abate
Restauri: Maura Borrelli, 2001

Ultima opera realizzata dall'artista bresciano per la cattedrale, ma anche la prima della sequenza degli episodi della Passione di Cristo sviluppata negli altari della navata destra, mentre a sinistra si svolgeva quella dei Miracoli. L'ambientazione naturalistica, elemento stilistico distintivo dell'arte del Muziano, attenua la tensione drammatica della scena che si svolge in primo piano e sfuma in un morbido chiaroscuro le grandi figure.

 

 

Girolamo Muziano (Brescia, 1532 - Roma, 1582)

Flagellazione di Cristo
1575
Olio su tela; cm. 399 x 230
Provenienza: Orvieto - Duomo - navata destra -seconda cappella - altare dei santi Pietro e Paolo
Restauri: Maura Borrelli, 2001

La profonda prospettiva che dal limite del primo piano sembra sfondare la superficie muraria reale penetrando attraverso le due arcate fino allo sfondo paesistico, proietta in primo piano le figure di Cristo e dei suoi carnefici sulle quali si concentra l'azione drammatica. Girolamo Muziano è il grande sperimentatore di questo schema compositivo in cui la sensibilità naturalistica di ascendenza veneta si coniuga con la monumentalità michelangiolesca delle figure.

 

 

Cesare Nebbia (Orvieto, 1536 circa - 1614)

Incoronazione di spine
1575
Olio su tela; cm. 415 x 249
Provenienza: Orvieto - Duomo- navata destra-terza cappella-altare dei santi Luca e Anna
Restauri: Maura Borrelli, 2001

Precedentemente attribuita a Girolamo Muziano per un errore nel documento d'allogazione, l'opera è stata restituita correttamente a Nebbia sulla base del confronto con l'affresco di analogo soggetto eseguito in quello stesso anno dall'artista presso l'oratorio romano del Gonfalone: evidente, infatti, nelle due opere l'utilizzo di un medesimo disegno preparatorio. L'affresco e la pala d'altare, che risentono fortemente del pathos e della drammaticità delle composizioni zuccaresche, sono quasi identici, ma il dipinto orvietano include sul lato sinistro il ritratto di un uomo col cappello, rivolto verso l'osservatore, che può forse essere identificato con l'artista stesso. 

 

Girolamo Muziano (Brescia, 1532 - Roma, 1582)

Veronica (Salita al Calvario)
1557
Olio su tela; cm. 380 x 234
Provenienza: Orvieto - Duomo - navata destra - quarta cappella - altare dell'Immacolata Concezione
Restauri: Maura Borrelli, 2001

E' la seconda pala d'altare realizzata da Muziano su incarico dell'Opera. La prolungata presenza di questo artista, all'avvio del cantiere orvietano, fu senza dubbio determinante, in quanto egli collaborava anche alla distribuzione delle decorazioni pittoriche e alla pianificazione degli ornati in stucco.

 

 

Cesare Nebbia (Orvieto, 1536 circa - 1614)

Crocifissione
1573-74
Olio su tela; cm. 390 x 218
Provenienza: Orvieto-Duomo-navata destra-quinta cappella-altare dei santi Martino e Caterina
Restauri: Maura Borrelli, 2001

Dopo il felice esito della prima pala con le Nozze di Cana, nel corso del settimo decennio del secolo Nebbia riceve dai Soprastanti una serie di nuovi incarichi: realizza nel 1572 gli affreschi della quarta cappella di destra, quindi la pala della Crocifissione, seguita l'anno dopo da quella dell'Incoronazione di spine per la terza cappella di destra, della quale esegue anche la decorazione ad affresco.
E' stato recentemente evidenziato, attraverso l'analisi di alcuni disegni preparatori per la Crocifissione, come l'artista fosse concentrato sulla ricerca di soluzioni formali che conciliassero, nelle figure, la monumentalità del Muziano con la dinamica drammaticità di Taddeo Zuccari: si deve a questa sperimentazione l'effetto alquanto caricato della composizione e la scarsa profondità.

 

 

Cesare Nebbia (Orvieto, 1536 circa - 1614)

Le Nozze di Cana
1569-72
Olio su tela; cm. 405 x 246
Provenienza: Orvieto - Duomo -navata sinistra - prima cappella - altare dei santi Girolamo e Gregorio Magno
Restauri: Maura Borrelli, 2001

E' la prima importante pala d'altare commissionata a Cesare Nebbia, che aveva in precedenza realizzato per l'Opera del Duomo i dipinti per il tabernacolo del Sacramento e gli affreschi della prima cappella di sinistra. L'artista aveva già più volte sollecitato tale incarico presso i Soprastanti, prima rimarcando le sue origini orvietane, quindi affermando di essere in grado di dipingere un'opera "assai più bella di quella di M. Nicolao [Circignani]", il quale aveva da poco consegnato la tavola con la Probatica Piscina. Il 15 febbraio 1567 Nebbia ottenne l'atteso affidamento e completò nel giugno 1568 una prima versione del dipinto che, danneggiata per una caduta, fu sostituita dall'attuale nel 1572.
L'opera si colloca in una fase di forte maturazione dell'artista che, dopo il periodo di formazione accanto a Girolamo Muziano, si arricchisce dell'influsso di Taddeo e Federico Zuccari, in particolare nel risalto compositivo e nella chiarezza grafica delle figure.

 

 

Nicolò Circignani detto il Pomarancio

(Pomarance/Pisa, 1517-24 circa - Città della Pieve/Perugia, post novembre 1597)
La Probatica Piscina (Guarigione del paralitico presso la piscina di Betesdà)
1565
olio su tavola; cm. 410 x 249
Provenienza: Duomo- navata sinistra - terza cappella -
Restauri: Cooperativa C.B.C., 1993 e 2006

La tavola risulta molto danneggiata e lacunosa.
Compiuta la decorazione ad affresco della cappella, commissionata all'artista nel 1565 in seguito alla rinuncia di Arrigo Fiammingo, il Circignani viene incaricato di realizzare anche la pala d'altare.
L'opera raffigura, secondo l'iconografia tradizionale, l'episodio narrato dal Vangelo di Giovanni: in primo piano, il paralitico a terra in attesa di essere aiutato a scendere per primo nella piscina terapeutica all'arrivo miracoloso dell'arcangelo Raffaele, che compare in alto a sinistra; accanto a lui, tra gli astanti, Cristo che interviene sanandolo.
Evidenti reminiscenze senesi beccafumiane.

Girolamo Muziano (Brescia, 1532 - Roma, 1582)

La Resurrezione di Lazzaro
1556
Olio su tela; cm. 380 x 234
Provenienza: Orvieto - Duomo - navata sinistra - quarta cappella -
Restauri: Maura Borrelli, 2001

Girolamo Muziano è il primo degli artisti "forestieri" ingaggiati dall'Opera per portare avanti il complesso progetto di decorazione delle navate laterali della cattedrale. Raffaello da Montelupo, capomastro della fabbrica orvietana, aveva raccomandato l'artista bresciano sull'onda del successo riscosso dalla sua pala d'altare con la Resurrezione di Lazzaro eseguita nel 1555 per il cardinale Colonna ed originariamente nella chiesa di santa Maria Maggiore a Roma - oggi nella Pinacoteca Vaticana.

 

 

Cesare Nebbia (Orvieto, 1536 circa - 1614)

La Natività della Vergine
1582
Olio su tela; cm. 467 x 280
Provenienza: Orvieto - Duomo-parete di controfacciata- lato destro
Restauri: Maura Borrelli, 2001

"Per darli nuova della tavola del S.or Sforza Monaldeschi, io l'ò abbozzata tutta di chiaroscuro et ò speranza di farmi onore. L'ò mostra a parecchi galantomini, e a tutti è piaciuta". Nel 1582, da Roma, Nebbia dava notizie ai Soprastanti dell'Opera circa il dipinto commissionato dal nobile orvietano e destinato all'altare Monaldeschi presso la controfacciata della cattedrale. L'opera, di soggetto mariano, è infatti estranea al ciclo della Passione e Miracoli di Cristo illustrato nelle navate laterali.
Nell'equilibrata composizione, le monumentali ed armoniose figure si muovono all'interno di una realistica ambientazione domestica che allude alla dimora orvietana dei committenti, Sforza e Deianira Baglioni ritratti in abisso insieme alla figlia.
Il dipinto si colloca nel momento di massima ascesa professionale dell'artista -ormai impegnato prevalentemente a Roma al servizio di papa Sisto V ed ebbe un grande successo: se ne conoscono infatti diverse altre versioni, alcune nell'Orvietano, altre a Roma tra cui quella della chiesa di San Silvestro al Quirinale.   

 

Giovanni Lanfranco (1582-1647)

Incoronazione della Vergine
1615
Olio su tela; cm. 250x150 compresa la cornice
Provenienza: Orvieto, chiesa del Carmine, cappella Marescotti

L'opera è in buono stato di conservazione. Proviene dalla cappella Marescotti nella chiesa orvietana del Carmine. Realizzata nel 1615, appare in stretta relazione con la Pala Bongiovanni realizzata un anno dopo per la cappella omonima in Sant'agostino a Roma. Agli Uffizi si conserva un disegno preparatorio per il dipinto orvietano, che presenta alcune varianti. Quando nel 1713 si decise di sostituire il mosaico del timpano centrale, il pittore Lodovico Mazzanti venne incaricato di realizzare il cartone per il nuovo mosaico copiando il dipinto di Lanfranco.

 

 

Lodovico Mazzanti (1676-1775)

Vergine incoronata (frammento)
1713-1714
Mosaico a tessere vitree e lapidee; cm. 92x73
Provenienza: Orvieto, facciata del duomo, frontone centrale

Nel 1713 si decise di sostituire il mosaico con la Resurrezione di Cristo che stava sul frontone centrale della facciata del duomo con un'Incoronazione della Vergine. A questo scopo Lodovico Mazzanti fu incaricato di eseguire una riproduzione in scala della pala di Giovanni Lanfranco nella chiesa del Carmine. Il nuovo mosaico però cominciò presto ad avere problemi di tenuta e già nel 1724 vi si doveva intervenire. Fu definitivamente sostituito nel 1842 da un mosaico dello stesso soggetto, ma ispirato stavolta al pittore quattrocentesco senese Sano di Pietro.

 

Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto

Opera del Duomo di Orvieto - 26, Piazza del Duomo - 05018 Orvieto Tel +39 0763 342477 - Fax: +39 0763 340336
email: info@museomodo.it

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